UN WEEKEND CON GLI ATLANTA FALCONS
L’esperienza che ho vissuto è stata per me un sogno che si avvera… inizio quindi dai ringraziamenti, per le persone che hanno reso possibile tutto questo.
Ringrazio Giorgio, un amico vero, che con la sua accoglienza mi ha fatto sentire a casa.
Ringrazio la FIDAF, per avermi supportato nei contatti con gli Atlanta Falcons.
Ringrazio gli Atlanta Falcons, il cui livello di organizzazione e disponibilità sono di un altro pianeta.
Ma soprattutto ringrazio mia moglie Nuccia: senza la sua insistenza e il suo amore non avrei mai fatto questa pazzia…
Giorgio Tavecchio ai Falcons!! Da tifoso della squadra della Georgia e da amico del kicker italiano la notizia mi ha riempito di gioia. Sentendolo regolarmente, ho iniziato ad accarezzare l’idea di fare un viaggio negli USA per poter assistere ad una sua partita dal vivo. Giorgio mi ha detto: “Perché no?” e mi ha dato il contatto del responsabile dei media dei Falcons per vedere cosa si poteva fare. Così, in occasione dell’ultima partita casalinga della stagione, contro gli Arizona Cardinals, ho potuto seguire da vicino come la squadra si prepara all’avvicinamento all’incontro e vivere il game-day experience al Mercedes Benz Stadium.
SABATO – FLOWERY BRANCH
La facility degli Atlanta Falcons è a Flowery Branch, una cittadina a 50 km circa dalla metropoli: un’autentica cittadella fulcro di tutte le attività della squadra.
Nel cuore dell’impianto c’è una grande costruzione su due piani. In quello superiore si trovano gli uffici degli allenatori, le sale video e meeting per la preparazione delle partite, il quartier generale di dirigenza e proprietario, il signor Arthur Blank, più tutti gli uffici dedicati ai rapporti commerciali e con i media. L’idea è quella di entrare nella sede di una vera e propria Azienda produttiva, con telefoni che squillano e un continuo andirivieni di persone indaffarate.
Al piano inferiore ci sono invece la mensa, dove i giocatori consumano i pasti tra una sessione e l’altra di allenamento, la palestra (attrezzatissima e con una quantità di “ghisa” imponderabile) e gli spogliatoi.
All’esterno due grandi campi da gioco dove si svolge il training camp e la maggior parte degli allenamenti in-season, più una struttura indoor utilizzata in caso di brutto tempo e per il walkthrough il giorno prima della partita.
E’ sabato quando visitiamo Flowery Branch: l’invito è per le 10.45, ora in cui si effettua proprio il walkthrough per la partita contro i Cardinals. Giorgio ci spiega che i giocatori sono lì dalle 8.30, ora in cui si effettuano i meeting in sala video divisi per ruoli, per “ripassare” un’ultima volta le tendenze degli avversari e le strategie ad hoc per l’incontro da affrontare. Poi il walkthrough, il pomeriggio libero e la sera tutti insieme in un albergo, posto in un quartiere residenziale della città, da cui la squadra parte unita alla volta dello stadio il giorno successivo: la routine per le partite casalinghe dei Falcons è questa.
Arriviamo un po’ in anticipo (l’eccitazione era tanta) e ad accoglierci c’è Chris Walker, assistente allenatore per la linea d’attacco: la cosa che subito mi salta all’occhio è la grande disponibilità. Chris ci spiega che i giocatori arriveranno in dieci minuti circa, e che nel frattempo posso fare un giro per guardare da vicino la struttura: noto un turf perfetto, striscioni dei titoli di divisione e di conference vinti dalla franchigia e gli assistenti impegnati a preparare il terreno di gioco in vista dell’arrivo della squadra. Il walkthrough è un allenamento senza protezioni in cui i due reparti provano gli schemi preparati apposta per la partita del giorno dopo, con le riserve che simulano attacco e difesa degli avversari così come visti nei video di studio.
Arrivano prima i coach, e provo ad avvicinare Dan Quinn, il capo allenatore: mi sorprende l’attenzione che mi dedica e l’interesse genuino che mostra quando gli accenno del football italiano, rimandando un’ulteriore chiacchierata alla fine dell’allenamento.
A poco a poco arrivano tutti i giocatori: inizialmente penso ad una sessione molto rilassata, poi basta un fischio di Dan Quinn e tutto cambia. In un attimo i giocatori si dividono per reparto e fanno un breve riscaldamento, poi provano gli schemi: potendo osservare da vicino mi rendo conto che la più grande differenza tra il football professionistico e quello europeo è la velocità, difficile da cogliere dalla televisione e anche dallo stadio, dove più volte ero stato in passato. Mezzora circa di attività senza pausa, durante la quale ad ogni fischio si cambiano le attività con un automatismo e una velocità impressionanti, poi huddle finale con il grido del motto di squadra “Brotherhood” e tutti a fare la doccia. Gli attimi successivi alla fine delle attività sono dedicati ai familiari presenti, e tutti i giocatori si sono mostrati disponibilissimi a fare foto con noi: in questa occasione noto la stima e il rispetto che tutti hanno per Giorgio. E’ bastato dire che eravamo lì per lui, amici dall’Italia, che tutti si fermavano a fare due chiacchiere con una cordialità disarmante.
Dobbiamo poi aspettare Giorgio, con il quale passeremo parte del pomeriggio nella City, e per ingannare il tempo ci viene regalato un pallone ufficiale della squadra, tra quelli usati durante l’allenamento: la tentazione è troppo forte, così faccio due tiri con mio figlio sul turf del campo indoor, giusto per poter dire: “Ho giocato sul campo di Flowery Branch!”.
Incontriamo nuovamente Dan Quinn, che è di parola: si ricorda di noi, e ci dice che ama l’Italia e sta programmando un viaggio con la famiglia nel Bel Paese. Poi dispensa elogi per Giorgio: come ad Oakland, anche qui ha conquistato tutti: l’head coach ci dice della sua grande professionalità, della sua umiltà, della sua continua volontà di mettersi a disposizione della squadra per qualunque cosa di cui ci sia bisogno, e della grande considerazione in cui lo tiene. Approfitto della “situazione”, mi travesto da giornalista e gli faccio qualche domanda sul futuro del nostro pupillo. Non si sbottona, ma mi fa capire che se Giorgio è ancora lì nonostante Bryant sia rientrato dall’infortunio un motivo c’è. E in effetti è così: il fatto che una franchigia NFL tenga nel roster attivo dei 53 a disposizione due kicker è un caso molto raro, per non dire unico. E’ probabile che i ragionamenti definitivi vengano fatti durante la offseason, ma il fatto che la NFL sia alla fine un business potrebbe questa volta essere un punto a favore di Giorgio. Bryant, soprannominato Money per la grande percentuale di realizzazione, è uno dei migliori kicker del campionato, ma l’età avanzata e soprattutto le implicazioni sul salary cap del suo ingaggio, decisamente più oneroso di quello di Giorgio, sono fattori che potrebbero pesare nel momento in cui ci sarà magari da spendere per trattenere altri giocatori in ruoli considerati più importanti. In più, aiuta il fatto che il kicker italiano è stato perfetto nelle tre partite giocate, risultando anche decisivo nella sua partita d’esordio, il Monday Night contro i New York Giants.
Quinn mi chiede poi del football italiano: gli spiego come sono strutturati da noi i campionati e quante squadre e atleti ci sono nel panorama, e racconto della grande passione che hanno tutte le persone coinvolte nel football italiano. Accetta in regalo il berretto della FIDAF che gli ho offerto e mi saluta con un: “Lo indosserò con grande orgoglio, e lo terrò qui, nel mio ufficio”. E’ bello poter pensare che un pezzettino anche piccolo del football italiano possa entrare nel cuore di una franchigia NFL.
Arriva Giorgio, che ci fa fare un tour della facility: oltre ai campi all’esterno mi colpisce la palestra, davvero super attrezzata. E’ ora di lasciare Flowery Branch: l’appuntamento con i Falcons è per il giorno dopo, al Mercedes Benz Stadium, dove giocheranno la partita contro i Cardinals.
DOMENICA – GAMEDAY
Il Gameday negli USA si respira già dalla mattina presto: l’albergo in cui alloggiamo non dista molto dal Mercedes Benz Stadium, così decidiamo di andarci a piedi. Sono solo le 9.00, ma le strade sono già piene di tifosi vestiti con i colori dei Falcons. E’ l’ultima partita casalinga dell’anno, e anche se purtroppo per Atlanta non ha valenza ai fini del raggiungimento dei playoffs, i tifosi vogliono far sentire il proprio calore e attaccamento alla squadra. Facciamo colazione alla Waffle House, che dista meno di un Km dallo stadio, e siamo ormai circondati solo di persone che hanno iniziato il loro personalissimo gameday. Seduti l’uno nel tavolino accanto all’altro, tifosi dei Falcons e dei Cardinals ridono e scherzano: la cultura dello sport americano è distante anni luce dalla nostra. Non è la mia prima esperienza ad una partita di football negli States, ma resto sempre colpito da questo aspetto: lo sport è davvero solo divertimento e spettacolo da queste parti.
Proseguendo la marcia di avvicinamento iniziamo a vedere la sagoma del Mercedes Benz Stadium stagliarsi all’orizzonte, e subito mi salta all’occhio quanto la struttura sia imponente e avveniristica.
A lato dello stadio, nel parcheggio, impazza il tailgate: palle che volano, barbecue da pic-nic che fumano, vessilli dei Falcons di ogni genere e tipo. Siamo arrivati!
Appena entrati, il Mercedes Benz si presenta in tutto il suo splendore: i posto a sedere sono solo una piccola parte di quello che la struttura incorpora: ristoranti, fast food, punti beveraggio, official store dei Falcons e altri negozi, attrazioni di vario genere.
Abbiamo il pass per poter assistere da bordo campo al riscaldamento delle squadre, così dopo aver soddisfatto l’impulso irrefrenabile di shopping compulsivo all’official store della squadra ci precipitiamo nell’area VIP, quella al piano sottostante l’ingresso agli spalti.
Passiamo davanti alle suite, quelle da dove si può assistere alle partite seduti su un comodo divano, con tanto di cameriere a disposizione per ogni desiderio riguardante cibo o bevande, al ristorante delle leggende della squadra, ex giocatori che passano tra i tavoli degli avventori ad intrattenere e a scattare foto ricordo, al bunker del Fox, nel quale si trova la regìa della trasmissione televisiva della partita, agli spogliatoi di entrambe le squadre.
Arriviamo finalmente all’ingresso in campo della nostra zona, corrispondente a quella da cui entrano i giocatori della squadra ospite. Lo stadio, visto da quella prospettiva, sembra ancora più imponente di quanto già non ci fosse sembrato prima.
Mancano ancora due ore all’inizio della partita, ma già entrano in campo gli specialisti delle due squadre. Arriva Giorgio, che ci saluta e ci spiega una curiosità: qui ai Falcons portano sempre tutti e 53 gli effettivi in campo, sia in casa che trasferta, e svelano anche a loro gli inactives all’ultimo momento, quindi lui ha appena saputo che non giocherà, ma fino a pochi minuti prima era comunque allertato. Quando non gioca, Giorgio aiuta in sideline il “collega” Bryant, preparandogli la rete per provare i calci e sistemandogli i palloni sul trepiede. Ci dice che inoltre, soprattutto quando giocano all’aperto, si consultano sulla migliore strategia di calcio da adottare in base alle condizioni del campo e del vento.
Mi godo il riscaldamento: gli Arizona Cardinals, che accedono al terreno di gioco proprio da dove siamo posizionati, entrano per reparto, con tanto di huddle iniziale e finale anche nella fase di riscaldamento. Mio figlio, invece, si gode la mascotte di Atlanta, Freddie Falcon, che fa capolino su tutto il perimetro del campo.
Mezz’ora prima della partita è ora di lasciare il terreno di gioco: prendo posto in tribuna e mi godo lo spettacolo.
Quando la partita inizia lo stadio non è ancora pienissimo: i tifosi continuano ancora nel pregame fatto soprattutto di cibo e birra, ma verso la fine del primo quarto il colpo d’occhio è notevole.
I Falcons partono male: due drive offensivi conclusi con un punt, mentre i Cardinals segnano un touchdown al primo tentativo in attacco. Poi però Deion Jones, uno dei leader della difesa di Atlanta, mette a segno un pick six, e da quel momento i Falcons dominano. Finisce 40-14, e mi godo la festa. Accanto a noi ci sono un paio di personaggi pittoreschi, che aggiungono divertimento allo spettacolo della partita: assistere ad una partita NFL è soprattutto divertimento.
Per noi l’esperienza sarebbe già stata fantastica così, ma non è ancora finita. Giorgio ci ha inserito nella sua lista dei familiari, per cui abbiamo anche il pass per la family room, uno stanzone nel quale mogli, figli e parenti dei giocatori li aspettano a fine partita per lasciare con loro lo stadio.
Per cui riesco ancora a godermi gli ultimi snack messi a disposizione e godermi uno ad uno giocatori ed allenatori che entrano nella stanza per ricongiunsersi ai familiari e fare due chiacchiere con i presenti. Poi arriva Giorgio, con il quale lasciamo il Mercedes Benz: all’ingresso del parcheggio noto sopra di me uno stuolo di tifosi appollaiati sulle transenne per vedere da vicino i propri idoli, che gridano per un autografo o una foto: essere tra i giocatori, e salire in auto con uno di loro e non lì, attaccato alla transenna, mi ha fatto davvero sentire importante.
Questi due giorni in “casa Falcons” sono stati un’esperienza unica, nella quale ho potuto vivere da vicino la routine di una vera squadra professionistica e l’atmosfera dello stadio il giorno della partita. Torno a casa con alcuni gadget regalo di Giorgio e tanti bei ricordi, ma ripenso al cappellino della FIDAF nell’ufficio di Dan Quinn, nella speranza che in un futuro, magari prossimo, si possa ripetere: in luglio ci sarà il training camp, altro momento davvero interessante per la stagione di una franchigia. Chissà…
Dario Aviano