WEEK in review – Semifinals

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Sarà Seamen MilanoGiants Bolzano il prossimo Italian Bowl: questo il verdetto delle semifinali del campionato di Prima Divisione. I Campioni uscenti hanno leggermente faticato nel primo tempo, per poi prendere il largo nel secondo contro dei comunque ottimi Ducks Lazio, mentre la Tisma band ha sbancato il Tardini di Parma al termine di una partita memorabile che ha messo a dura prova le coronarie delle due tifoserie. Per i Panthers una sorta di maledizione: veder sfumare sul più bello la possibilità di giocare l’Italian Bowl tra le mura amiche del Lanfranchi brucia…

SEAMEN MILANO (11-0) – DUCKS LAZIO (6-6) 45-13

I Seamen impiegano un quarto e mezzo per sbrogliare la matassa Ducks, poi prendono il largo a vele spiegate e non si voltano più indietro. La partita è stata più interessante di quanto dica il punteggio, con i Ducks che hanno mostrato un discreto football nella prima frazione, prima di cedere alla distanza soprattutto a causa di un roster ridotto che con l’andare del tempo ha messo ancor più in evidenza la differenza di tasso tecnico già chiara in partenza. Il pubblico del Breda ha comunque assistito ad una buona partita: i Seamen rispettano il pronostico ed andranno al Lanfranchi in cerca del bis, mentre per i Ducks finisce una stagione assolutamente positiva.

L’attacco dei Seamen ha proposto, come al solito, tutto il repertorio: contro i Ducks gli ingredienti sono stati mischiati più del solito, ma con il medesimo risultato di sempre: bel gioco e tanti punti. Qualche grammo in meno di Mitchell e in più dei Fiammenghi Brothers e Bonaparte, giusto a far capire che non è solo il fortissimo import da tenere d’occhio, con la solita meticolosità e precisione. La linea ha forse subito più che in altre circostanze la pressione del front seven dei Ducks, almeno inizialmente, ma ha comunque mantenuto alta l’asticella del rendimento e le giocate sono arrivate senza problemi. Coach Herford ci ha preso gusto, e dopo il recente successo avuto durante l’EFL Bowl ha riproposto Bonaparte in versione deep reciever, ottenendo in cambio dal numero 1 Blue Navy un altro touchdown. Insieme a Stillitano, Bonaparte ha giocato un solido football anche nel più convenzionale ruolo di running back, e il riuscire a stabilizzare le corse è un ulteriore valore aggiunto di questo reparto che sembra davvero difficilmente contenibile. Zahradka, come al solito, non sbaglia niente e il risultato finale ritrae in pieno la prestazione del reparto. Per il Grande Ballo è in arrivo il test più probante, quella difesa dei Giants che sembra l’unica in grado di poter impensierire i milanesi: sono molto curioso di vedere cosa ha in serbo il coaching staff per questa sfida che si preannuncia epica.

Non si può dire che il reparto difensivo dei Seamen abbia giocato male, ma nella prima parte della partita ha dovuto fare i conti con un attacco come quello dei Ducks che ha i mezzi per poter pungere chiunque, anche i più forti. Sono state le giocate opportunistiche (intercetto a negare il potenziale pareggio a metà del secondo quarto e strip fumble su Gentili poi) a permettere alla difesa Blue Navy di giocare in sicurezza, e sul lungo per gli avversari, stanchi e con ormai poche alternative, non c’è più stato modo di farsi sotto. Ottima la prova di linea e linebacker, che hanno limitato al massimo Gentili nel running game, aspetto fondamentale per l’attacco laziale per riuscire ad innescare Biancalana & Co. nel gioco aereo. Avanti un altro, l’ultimo: Rodney Brown ed i pericolosi Giants Bolzano.

I Seamen finiscono di scrivere il penultimo capitolo di un libro che per quasi tutti gli addetti ai lavori era già edito prima dell’inizio della stagione: ora manca il gran finale, e forse solo la pressione dell’essere stra-favoriti e non poter sbagliare potrebbe portare i marinai a perdere la rotta quando la costa è ormai a vista.

I Ducks si congedano con onore dal Campionato di Prima Divisione, perdendo una partita comunque giocata a viso aperto e mettendo in mostra quelle potenzialità che hanno permesso loro, meritatamente, si piazzarsi tra le prime quattro dello stivale.

A Milano, dove era impossibile commettere anche il più piccolo errore per sperare di vincere, l’attacco è restato in partita fino a tre minuti dall’half time, quando Croppenstedt, subentrato temporaneamente a Fortune vittima di un leggero infortunio, ha lanciato un intercetto nelle mani di Fonti: il turnover è stato trasformato in sette punti dai Seamen e all’half time il tabellone recitava 21-7 per i padroni di casa, quando si sarebbe potuti essere anche 14-14. Credo che a Roma si discuterà ancora nei prossimi giorni sulla scelta di far lanciare profondo, a freddo, un backup giovane Croppenstedt, anche in virtù della situazione di down and distance: si era al primo e dieci. Forse nelle menti di coach Iaccarino & Co. ci poteva stare l’idea di sfruttare il fattore sorpresa, ma la scelta è stata oltremodo penalizzante. Fino a quel momento i Ducks stavano giocando bene: pur senza riuscire a produrre molto via terra con Gentili, Fortune era stato abile a trovare le giocate giuste via aria o con le proprie gambe, riuscendo a rispondere con una slant di Biancalana al primo touchdown milanese e portando i suoi in zona punti una seconda volta nella circostanza sopra descritta: nel secondo tempo è arrivato poi l’inevitabile crollo. Probabilmente il finale non sarebbe cambiato, ma forse il reparto avrebbe potuto fare una figura ancora migliore di quella apprezzata, che già è stata più che sufficiente.

La difesa dei Ducks gioca la partita seguendo lo stesso copione dei compagni dell’attacco: bene quasi un tempo e male il secondo. In questo caso la “panchina corta” ha forse contato ancora di più nell’economia della partita: le armi a disposizione dei Seamen sono tante, e riuscire a limitarle tutte per l’intera partita senza poter contare su un’idonea rotazione è pressochè impossibile. Insom e i compagni della linea hanno messo buona pressione su Zahradka nelle fasi iniziali, mettendo a segno anche un sack, ma sul lungo termine le energie sono mancate. Insom e altri hanno addirittura giocato doppio ruolo in linea d’attacco: chiaramente non si poteva pretendere di più.

Come già detto i Ducks escono a testa altissima da questo Campionato: il voto finale alla fusione Marines – Grizzlies non può che essere positivo. Ora sarà importante mantenere alte le aspettative e lavorare affinchè il prossimo anno la squadra possa essere ancora più competitiva.

PANTHERS PARMA (8-3) – GIANTS BOLZANO (10-2) 25-30

Partita da consegnare agli annali quella del Tardini, dove Panthers e Giants hanno dato vita ad un instant classic del football nostrano degli ultimi anni. Le due squadre si sono alternate al comando della partita per ben 7 volte, di cui 3 nel solo ultimo quarto. Giocate spettacolari, trick plays, touchdown difensivi e un intercetto “to seal the game” all’interno degli ultimi due minuti di gioco: si è visto tutto quello che si poteva immaginare da una partita di questa importanza e tra due squadre con una grande rivalità come questa.

I Panthers hanno giocato una partita offensiva ben al di sotto delle aspettative: nel corso dell’intero primo tempo hanno sempre goduto di ottime posizioni di partenza per i loro drive, ma per due volte consecutive si sono inceppati sul più bello racimolando due field goal dell’ottimo Felli anziché touchdown, e guardando il risultato finale questa inefficienza in red zone è costata cara. Malpeli Avalli ha centrato un big play con grande guadagno alla prima portata della sua partita, ma per il resto è stato contenuto molto bene dalla difesa altoatesina, mentre Monardi si è affidato troppo spesso a Durham e Ciasulli “dimenticandosi” di Finadri e Polidori, giocatori importanti nell’economia dell’attacco ducale e che tra l’altro ieri potevano godere di duelli uno contro uno praticamente ad ogni snap. I Giants hanno infatti sempre raddoppiato, con i migliori playmaker del loro backfield difensivo, sull’ex Detroit Lions, e il duo all italian avrebbe avuto sicuramente più che un’occasione per pungere la difesa dei Giants.

Non so fino a che punto questa scelta dipenda dal quarterback dei Panthers e quanto dalle chiamate arrivate dalla side line, ma l’incaponirsi sul cercare Durham anche quando il numero 2 è apparso chiaramente in difficoltà per via di un infortunio alla caviglia che lo ha condizionato per tutto il secondo tempo è stata una scelta quantomeno discutibile, segno forse anche del fatto che la squadra è entrata in “panic mode” nel momento in cui non era in grado di controllare la partita. L’abbiamo detto più volte: Monardi e l’attacco dei Panthers sono una macchina quasi perfetta nelle situazioni in cui possono stare nella loro “confort zone”, che è quella di essere in vantaggio e amministrare la partita, ma quando c’è da inseguire, almeno quest’anno, i ducali sono apparsi meno lucidi che in passato. L’acquisto di Ciasulli, da qualcuno criticato vista l’inattività dell’oriundo negli ultimi due anni, ha invece pagato: il playmaker principale del reparto è stato proprio lui, autore di un touchdown e di parecchie ricezioni da primo down. La linea ha sofferto il front seven dei Giants, e sull’azione dello strip/sack di Ferrari con touchdown riportato in end zone da Bilcari qualcuno ha sicuramente combinato una frittata: a mio avviso quel gioco è quello che ha cambiato completamente gli equilibri della partita.

La difesa dei Panthers ha giocato un ottimo primo tempo, concedendo di fatto le briciole ai Giants non fosse per la grave disattenzione del backfield in occasione del touchdown di Gregorio, ma l’unico errore commesso è stato quello che ha permesso agli ospiti di restare aggrappati nella partita. Il secondo tempo è iniziato ancora meglio, con l’intercetto di Canali sul primo drive dei Giants che sembrava promettere bene. Il sack master Belli ne ha messi altri due, e tutto il front seven non dava tempo e spazio a Brown per sviluppare i giochi nella maniera voluta: Grossi e Bernardoni sono stati a tratti dominanti. Poi però qualcosa è cambiato,  l’attacco ospite ha iniziato a carburare e i Panthers hanno iniziato a faticare di più. Al netto dei trick plays bolzanini, però, sono sempre stati dei singoli errori individuali a condannare il reparto, come quello di placcaggio di De Jesus su Gregorio in situazione di terzo e lunghissimo per gli ospiti con conseguente conversione di capitale importanza o quello di Vasini, che pur essendo molto ben posizionato in occasione della bomba su Simone pagata con il touchdown del momentaneo 16-22 ha valutato male il tempo sulla palla permettendo all’oriundo la giocata. Analizzando i filmati della partita ci sarà più di un rimpianto da metabolizzare per coach e giocatori.

Finisce male, dunque, la stagione dei Panthers, che già pregustavano la possibilità di giocarsi il tricolore al Lanfranchi: bisognerà però fare tanti mea culpa nello spogliatoio. La possibilità di vincere c’era eccome, ma in una partita tirata come questa e contro una squadra coriacea come i Giants bisognava commettere meno errori…

L’attacco dei Giants è stato per gran parte della partita neutralizzato dalla difesa dei Panthers, ma il reparto ha avuto il grande merito di riuscire ugualmente a trovare, nei momenti topici del match, le giocate giuste per scardinare le resistenze degli avversari. Tisma ha provato a stabilizzare il running game alternando Petrone ed il ritrovato Silot Pajan, ma il front seven dei Panthers ha sempre risposto presente, costringendo gli altoatesini a cercare fortuna con le giocate aeree, con alterne fortune. Rodney Brown ha sicuramente avuto una partita difficile, essendo sottoposto a costante pressione da parte della dominante linea di difesa dei Panthers, che non concedeva mai lanci in serenità o spazi per le corse personali. L’import non si è però mai scomposto, e aldilà dell’intercetto lanciato in apertura di terzo quarto ha giocato una partita “error free” capitalizzando sulle pochissime occasioni avute per fare male. Il lancio in touchdown su Simone, pur con due giocatori dei Panthers addosso e che gli hanno fatto pagare dazio dal punto di vista fisico è la testimonianza della solidità di questo giocatore, diventato in poche settimane il fulcro del reparto.

Proprio Simone, dopo aver vissuto un primo tempo frustrante, nel quale non è mai riuscito ad entrare nel vivo del gioco, ha contribuito in maniera decisiva nel secondo: non solo il touchdown di cui sopra, ma anche il lancio per Brown su un trick play in cui è stata fintata una sua end around sono stati fondamentali nell’economia della partita. Degli italiani, sugli scudi Gregorio più di Bonacci: il #86 è stato l’autore del primo touchdown dei suoi con una ricezione in punta di dita “over the shoulder” e ha convertito, con la partita “on the line”, un terzo e lunghissimo di capitale importanza rompendo un placcaggio dell’ex compagno De Jesus. La linea ha sofferto, non si può negare, ma non ha mai alzato bandiera bianca, ed è riuscita a consentire diverse giocate importanti. Per l’attacco dei Giants mi aspetto, contro la difesa dei Seamen, un match up simile a quello del Tardini: sarà importante riuscire a giocare il proprio football dall’inizio alla fine mantenendo la concretezza vista contro Parma.

Per la difesa dei Giants ho finito gli aggettivi: as usual, è stato grazie a questo reparto che la partita è rimasta a portata di mano nel secondo tempo ed è stato possibile l’upset. Nel primo Parma ha dominato il tempo di possesso e la guerra del territorio, partendo da posizioni di campo sempre di gran lunga migliori dell’avversario, ma il reparto, mettendo perfettamente in pratica l’adagio del “bend but not break”, ha limitato i danni concedendo il minimo sindacale agli avversari. La parte interna della linea, con Pompilii e Bilcari su tutti, ha chiuso quasi tutti i varchi per Malpeli, e ha contribuito a portare pressione su Monardi. Azzeccatissima la scelta del coaching staff sulla marcatura di Durham, che ha schierato sempre i migliori playmaker sull’ex NFL. Bene all’inizio con Steward in marcatura uomo a uomo, meglio ancora poi con l’alternanza di Della Vecchia e Simone con lo statunitense in raddoppio fisso dalla posizione di safety. Durham ha pagato dazio in termini fisici dall’inizio alla fine della partita, e proprio un intercetto di Steward su un lancio inteso per il numero 2 ducale ha chiuso la partita consegnando ai Giants l’accesso all’Italian Bowl. Si è concesso forse troppo a Ciasulli, ma ovviamente la coperta non si può tirare da ogni parte, e la scommessa ha comunque pagato. Impressionante la tenuta mentale del reparto, che nonostante le difficoltà dell’attacco ha sempre continuato a giocare il proprio football senza mai scoraggiarsi. Imperiale la reazione all’intercetto subìto da Brown all’inizio del secondo tempo, con la geniale chiamata del blitz di Ferrari che ha causato un fumble su Monardi riportato in end zone da Bilcari per i 6 punti più pesanti dell’incontro. Solitamente è lecito aspettarsi che la squadra accusi psicologicamente il colpo in casi come questi, ma la difesa dei Giants non è umana e ne ha addirittura tratto vantaggio. Perfetti.

I Giants si godono la vittoria, ma sono sicuro che Tisma ordinerà l’attenti prestissimo: c’è da preparare una finale in cui sulla carta si parte da vittima sacrificale dei campioni in carica Seamen, alla ricerca del repeat. Bolzano proverà, ancora una volta, a sovvertire il pronostico: sarà dura, ma non impossibile…

Dario Aviano

foto cover di Dario Fumagalli
foto di Dario Fumagalli e Valentina Gallina

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