Era il 31 maggio 1981

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WARRIORS BOLOGNA : un ragazzo di 40 anni orgoglioso di essere bolognese

3a Puntata: la prima partita di football a Bologna

La storia continua. Dopo qualche mese di allenamenti e ricerca materiali tecnici, la fama dei neonati Alfheim Warriors era in sensibile aumento.
Ad ogni seduta, grazie ad un costante passaparola, nuovi ragazzi arrivavano per capire di cosa si stesse parlando. Il football americano sembrava diventato quasi un’attività alla moda.
Da ogni parte di Bologna ed anche dalla provincia, nuove leve erano pronte per iniziare a giocare a football, ed in qualche caso, anche a cercare il contatto fisico. Non era certamente questa la filosofia che i più “esperti” (si fa per dire) cercavano di divulgare; ma a pensarci bene, se poi alla fine la gente arrivava da sola anche con qualche idea non esattamente corretta, ma in fondo poco male; non si dice a volte che il fine giustifica i mezzi?

E così verso aprile, complice la primavera e il continuo battage pubblicitario di ogni singolo giocatore, il gruppo era composto da una quarantina abbondante di presenze in campo.
E fu a questo punto che fu presa una decisione forse un po’ pazza, ma dalla quale scaturì poi la storia della società. Bisognava organizzare una partita di football !
Si procedette come si fa per la valutazione della realizzazione di un vero progetto imprenditoriale.
Per prima cosa bisognava analizzare le risorse a disposizione:
– i giocatori – ok
– le attrezzature – ok (quasi per tutti)
– i palloni – ok
– il campo – NO
– gli avversari – NO
– la conoscenza esatta delle regole – NO (ma non era così fondamentale, tanto le conoscevano in pochi)
– la consapevolezza di come si organizzava una partita – assolutamente NO.
I giocatori si guadarono negli occhi prima di decidere se intraprendere questa iniziativa o magari rimandarla a tempi migliori.
Sì, no, forse, ma se, però, la decisione fu combattuta. Poi alla fine ci fu una cosa che fece scattare la scintilla: il Team aveva un pallone vero, quindi, forse anche in onore di questo prestigioso elemento, alla fine si decise di giocare.

Per prima cosa fu deciso di fare pubblicità dell’evento, e la locandina ne è la prova. Ma contro chi giocare? Si stava già giocando a Milano, a Torino e a Ferrara. Però affrontare un team più esperto, avrebbe potuto significare anche andarsele a cercare un po’ le “sfighe”. Il battesimo doveva anche essere l’esaltazione del progetto guerriero. Iniziare con una sconfitta ?? No, non era il caso.
Allora perché non organizzarsela al proprio interno tra attacco e difesa ? Idea fantastica, della serie, poca spesa, molta resa !
Per fare due squadre, però, ci volevano due divise, o almeno due maglie per differenziare le formazioni. I Warriors ne possedevano solo una quella mitica bianca con numeri blue della Champion reperita a Carpi. Ma che problema c’è? L’attacco gioca con la maglia vera, quella bianca e la difesa con quella rossa di allenamento. Perché questa scelta ?
Ora per chi non è un po’ dentro al football, è necessario specificare che, forse ancora oggi, c’é chi considera la formazione dell’attacco la star del Team mentre quella della difesa quasi come un complemento. Ma gli americani, che questo sport lo hanno inventato, sanno perfettamente che in realtà l’attacco serve a vendere i biglietti e la difesa a vincere le partite.
Fu così che già dall’inizio della sua storia, la difesa bolognese si dimostrò più accondiscendente lasciando l’onore dello spettacolo agli “attacchini”, ma gestendo meglio l’organizzazione dell’incontro.
Ma dove andare a giocare? E qui vennero in aiuto alcuni personaggi della Bologna sportiva. Alla fine la Real Ghinelli, una società sportiva che gestiva il campo scuola del Baumann, fuori S.Donato, fu così cortese da mettere a disposizione l’impianto per questo particolarissimo evento. Quindi, Alfheim Warriors Bologna contro New York (era scritto sulla maglia rossa) Real Ghinelli, ebbe luogo domenica 31 maggio 1981 alle 16:30.

Quanti aneddoti su questo confronto. Per questione di tempo, ne riportiamo un paio.
Un cosiddetto esperto, disse che in America gli atleti da bordo campo parlavano attraverso delle cuffie speciali con gli allenatori sulle tribune che impartivano loro gli assegnamenti più idonei in base alla situazione sul terreno di gioco. Verissimo ed utilissimo, ma quei Warriors non avevano né cuffie, né tantomeno allenatori in grado di andare sulle tribune a dare consigli.
“Nessun problema – disse Renzo, uno dei ragazzi – io ho un sacco di vecchie cuffie da stereo e tanti cavi. Li porto per fare un po’ di scena.”
Molto bene, quella domenica pomeriggio, a bordo campo, c’erano chilometri di fili in mezzo alle scatole di tutti; ognuno con una cuffia in testa (speriamo almeno senza il casco sotto) a far finta di parlare e fare gesti convulsi con, in realtà, assolutamente nessuno, visto che queste attrezzature neanche erano collegate. Però il colpo d’occhio fu di quelli da show business americano. Alcuni commenti positivi del pubblico furono proprio su queste tecniche sopraffine.

Circa il risultato finale, di cui ancora oggi qualcuno parla con qualche dubbio, dopo la prima metà a reti inviolate, come si dice nel calcio (d’altronde già dai primi vagiti della storia guerriera la difesa era sempre più forte dell’attacco) solo nella seconda parte, un lancio completato da Simon su Stefano consentì agli Alfheim Warriors di andare in touch down, complice un plateale tuffo nel vuoto (tipo placcaggio sbagliato) di Pellegrino che decise, più o meno da solo, di far vincere quelli che avevano almeno il nome dei Warriors e non di New York. Senza questa strategia, oggi forse saremmo ancora lì agli Over Time.
E il pubblico? Le piccole tribune del Baumann erano stracolme di gente come mai i gestori avevano visto per altre manifestazioni.

Bologna, ancora una volta, aveva dato i natali ad una fantastica avventura sportiva sotto il suo patrocinio …….. Petroni, ti propri gran, cantava Dino Sarti.

14 GENNAIO 2021 – I WARRIORS COMPIONO 40 ANNI

Ufficio Comunicazione Warriors Bologna

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